venerdì 24 giugno 2022

Il punto di appoggio del suono di Lauri-Volpi

Giacomo Lauri-Volpi: Cotogni diceva: "con la stessa emissione dell'acuto scendete giù all'ottava bassa e voi troverete il punto d'appoggio" !!!

<<Cotogni mi diceva: Allerta, eh! non caricate i centri (...) il tenore deve cantare nel centro, ma non può gonfiare il centro (...) innanzitutto il canto è alito vibrante, se questo alito, se questo fiato noi non lo mandiamo alla cassa armonica, non lo mandiamo agli armonici, e si canta di petto o si canta con l'addome, che succede? che la voce non trova la via d'uscita, mentre la voce deve essere tutta passata fin dal registro basso (...) Cotogni diceva: Attaccate gli acuti e poi scendete giù, con la stessa emissione dell'acuto scendete giù all'ottava bassa e voi troverete il punto d'appoggio>>

Da un'intervista a Lauri-Volpi effettuata nel 1974 da Rodolfo Celletti, trasmessa dalla RAI nel programma "Una vita per la musica"



Nella foto: Lauri-Volpi mentre canta ad 80 anni ancora in modo assolutamente eccelso la romanza "Nessun dorma" dalla Turandot di Puccini al Gran Teatre del Liceu di Barcellona nel 1972

 


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Giacomo Lauri-Volpi parla del suono in maschera

LAURI-VOLPI SULLA "MASCHERA" E I SUONI PURI

(...) il corpo sonoro è l'ARIA RESPIRATA. Suono è VIBRAZIONE; risonanza è TIMBRO. Vibrazione e timbro si fanno sensibili e visibili grazie alla propagazione delle onde in virtù del soffio. Un suono laringeo abbandonato a se stesso non ha fisionomia propria. Diventa voce e figura e individualità per opera delle risonanze, soprattutto cervicali. Infatti la MASCHERA facciale corrisponde al timbro e il timbro alla maschera. Un timbro chiaro, schietto, armonioso è proprio di chi sa ben respirare e modulare gli armonici (pag. 95)
Il rapporto immediato di pressione della colonna aerea, stabilito tra diaframma e cavità cervicali, è condizione assoluta della virtuosità della precisione e del nitore dei suoni attaccati. Le note rimbalzano sulla maschera a simiglianza dei chicchi di grandine sopra una vetrata. Se le pareti della faringe si contraessero con rigidezza o in modo disordinato, le note perderebbero coerenza, intonazione e grazia. Per MASCHERA non è da intendersi la cavità nasale soltanto. E la risonanza nasale non va identificata col suono nasale. Il quale è suono difettoso, come il suono ingolato e boccale. (...) Tutti rispondono a flessioni errate della colonna sonora e difettano di purezza, di regolarità periodica, di libertà, di varietà, di nobiltà. Queste emissioni rifuggono da una logica armonia dei suoni e dalle giuste e pure risonanze degli armonici.
Chi canta è al centro delle onde sonore. Precipuo suo scopo è di conquistare e superare lo spazio che lo separa dall'uditorio. Egli lotta per vincere con la minor fatica possibile questa distanza, sviluppando i suoni secondo un punto d'appoggio conveniente. (...) Più il suono è giusto e nitido, più la parola risplende in esso come in una custodia di cristallo. (pag. 108-109)


[da: Giacomo Lauri-Volpi - "Misteri della voce umana", 1957]

Lauri-Volpi parla della respirazione e della voce di testa

Giacomo Lauri-Volpi sulla respirazione e il trovare gli "armonici" !!!

<<...io ho pensato sempre che la respirazione è diaframmatico-costale, perché noi abbiamo due casse armoniche, questa e questa, ma se noi ci limitiamo solamente alla cassa toracica e dimentichiamo la cassa cranica non troviamo gli armonici, è come un pianoforte, se non si mette il pedale quel cassone lì a che serve...>>

Da un'intervista di Celletti e Gualerzi a Lauri-Volpi effettuata nel 1976 presso il Teatro di Busseto




Nella foto: Lauri-Volpi mentre canta nel film del 1933 "La canzone del sole" la melodia omonima composta per lui da Pietro Mascagni
 
 


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Il Tenore Lauri-Volpi insegna la verità sul volume: NON INGROSSARE I CENTRI

"il mio maestro Cotogni diceva: Figlio mio, canta nei centri, ma risolvi negli acuti, perché il centro è proprio dei baritoni, il registro basso è dei bassi, ma non indugiate, non ingrossate i centri perché aumentate il volume; IL VOLUME NELLE VOCI E' COME IL GRASSO NEI CORPI, NON E' MUSCOLO. E questo dogma cotognano io l'ho avuto sempre presente, e infatti non m'ha nociuto ...e infatti forse sono una delle poche gole che non ha avuto noduli alle corde vocali"





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La respirazione nel canto lirico spiegata da Lauri-Volpi

LAURI-VOLPI SUL FUNZIONAMENTO PRATICO DELLA RESPIRAZIONE DIAFRAMMATICO-COSTALE

Lauri-Volpi sul funzionamento pratico della respirazione diaframmatico-costale ("lotta vocale")
 
Il corpo vitale della voce è l'aria. Senz'aria non si respira; senza respiro non si canta. E non si vive. (...) Saper respirare è saper cantare. 
Va notato che vari trattati di fonetica e di pedagogia vocale non s'accordano "sul metodo di respirazione". (...) Tutti si diffondono sui particolari fisici e fisiologici e sulle nomenclature tecniche degli organi della respirazione, della fonazione e delle risonanze. Ma non v'è chi dia all'artista l'idea sintetica e costruttiva della tecnica vocale. (pag. 73)
Nella "respirazione artistica", il soffio è regolato dalla volontà ed è basato sopra il movimento diaframmatico-costale inferiore della respirazione automatica, allo stato di quiete, con la differenza che la "cintura" formata dai vari muscoli dell'addome deve mantenere la sua funzione per la durata del duplice atto respiratorio in virtù del freno inspiratorio nell'allontanamento volitivo e nel riavvicinamento cosciente della parete addominale, dalla colonna e verso la colonna vertebrale.
Nell'inspirazione il diaframma si contrae e, abbassandosi, comprime i visceri addominali, mentre la cavità toracica aumenta di ampiezza; nell'espirazione, il diaframma si rilascia e i visceri addominali, compressi dalla parete addominale, lo sospingono verso l'alto, mentre diminuisce la capacità toracica. (pag. 76)
Il "freno espiratorio costale" è di gran lunga più efficiente ed efficace del "freno inspiratorio diaframmatico", anch'esso fondamentale. Tra freno diaframmatico e freno della cintura muscolare toracico-addominale si stabilisce il "conflitto dei contrari". (...) Dunque, diaframma e cintura muscolare, in lotta fra loro e insieme associati dall'armonia delle facoltà superiori dell'anima, determinano il flusso aereo, parte del quale sarà tramutato in voce laringea e in risonanza di voce melodica.
E qui sorge un altro contrasto: quello delle opinioni, tra loro avverse, degli scienziati della voce. Ma il cantore deve prescindere da elucubrazioni analitiche e applicare l'opinione che nasce dall'esperienza viva del canto e dalle urgenze di problemi che talvolta si presentano improvvisi alla ribalta, nel pieno svolgimento dell'azione scenica e del canto. (pagg. 77-78)
 
[da: Giacomo Lauri-Volpi - "Misteri della voce umana", 1957]

giovedì 23 giugno 2022

Beniamino Gigli e i suoni acuti

BENIAMINO GIGLI: "...il colore dev'essere come uno strumento, non pensare alle vocali, pensa a un suono, la voce dev'essere un suono" (alla domanda di Michelangelo Verso fatta a Gigli: "Commendatore, ma come fa gli acuti?"
 

La lezione di un Divo - Parla Beniamino Gigli e mostra con l'esempio come risolvere il passaggio di registro tenorile

Beniamino Gigli: <<Ecco il FA e il FA DIESIS. Ecco il passaggio. La gola aperta perché il suono sgorghi naturale come la polla d'acqua sorgiva>> !!!

28-02-1938 - LA LEZIONE DI UN DIVO - Beniamino Gigli al Conservatorio di Milano spiega il segreto della sua arte:

"(...) il miglior maestro è il palcoscenico, ma occorre una disciplina; bisogna avere tenuto a mente e seguito i precetti di maestri. Una parola però anche a questi ultimi. Ricordare che non ogni ugola è conformata allo stesso modo. Non si tratta di fabbricare delle voci, ma di educarle secondo la loro particolare conformazione fisiologica..." Lo spartito della "Marta" è entrato in scena. "Prendiamo il notturnino", dice il divo. (...) "Ecco il FA e il FA DIESIS. Ecco il passaggio. La gola aperta perché il suono sgorghi naturale come la polla d'acqua sorgiva."




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L'appoggio sul fiato di Beniamino Gigli

Beniamino Gigli : Il respiro "sul fiato" e il respiro profondo !!!

"La prima condizione, per cantare bisogna ricordarsi il punto massimo, e cioè dove si deve appoggiare la voce, dove si deve prendere il "respiro profondo", perché il canto è basato unicamente sul respiro, e il respiro bisogna farlo sul diaframma; il diaframma ha una grande importanza.
Dunque, ammettiamo che noi facciamo un respiro, un respiro senza diaframma, vuol dire che lo facciamo sul fiato," (Gigli intona "m'ama, sì, m'ama lo vedo, lo vedo" dall'aria "Una furtiva lagrima" di Donizetti) "non è necessario il diaframma, perché, vuol dire, questo canto è appoggiato unicamente (la voce) sul respiro, sul fiato, ma quando mi devo impegnare allora è necessario trovare il diaframma per il supporto sotto, e allora il respirò sarà più profondo e la frase sarà molto più larga.''

Masterclass di Beniamino Gigli a Vienna nel 1955



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Le cinque vocali nella tecnica vocale di Gigli

BENIAMINO GIGLI SPIEGA COME PASSARE DA UNA VOCALE ALL'ALTRA IN GENERALE ED IN PARTICOLARE SUGLI ACUTI

Il passaggio da una vocale ad un'altra secondo Beniamino Gigli - dalla Lezione introduttiva di Londra, 1946


<<When one has to pass from one vowel to another on the same note, or an interval, it is necessary, imperative even, to avoid any sudden or brusque change of the internal shaping and tonal setting. As far as the high notes are concerned I can say that the passing from one vowel to another (or, say, consecutively to all the vowels one after the other) on the same pitch, for example, is barely felt; in other words, the difference of position of the focused tone in the resonance cavity between one vowel and the next is so slight as to be barely noticeable.>>

<<Quando si deve passare da una vocale ad un'altra sulla stessa nota, o su un intervallo, è necessario, perfino imperativo, evitare ogni cambiamento brusco e improvviso della forma interna e dell'impostazione di un tono. Per quanto riguarda le note acute posso dire che il passaggio da una vocale all'altra (o, diciamo, a tutte le vocali consecutivamente una dopo l'altra) sulla medesima altezza di tono, per esempio, viene sentito appena; in altre parole, la differenza di posizione del tono 'messo a fuoco' nella cavità di risonanza tra una vocale e la successiva è così lieve da essere appena percepibile.>>

Tratto dalla Lezione introduttiva di Beniamino Gigli, Londra dicembre 1946, in: E. Herbert-Caesari [Diplomé, La Regia Accademia di Santa Cecilia, Rome] - THE VOICE OF THE MIND – 1951
 
[trad. it. di Mattia Peli] 
 

La preziosa testimonianza di Beniamino Gigli: sicurezza di respiro e di tono, facilità ed equilibrio d'emissione sono requisiti basilari nel Belcanto

TESTIMONIANZA DI BENIAMINO GIGLI

<<Sento di dover raccomandare a tutti i giovani cantanti: siate perseveranti nel vostro studio. Abbiate il coraggio di rimandare il vostro debutto fin che non sarete realmente preparati. Non fate, ve ne prego, che la tradizione del "bel canto" intristisca e svanisca. (...) Donizetti è più difficile da cantare che non Puccini (...) Il 5 ottobre 1916, al Teatro Ristori di Verona, aggiunsi una settima opera alla mia collana, che già stava accrescendosi regolarmente. Di nuovo Donizetti: "Lucia di Lammermoor". (...) Durante tutta la prima rappresentazione dovetti sforzarmi di risparmiare abbastanza fiato per il "Tu che a Dio..." lo avevo provato e riprovato molte volte, ma è un canto estremamente difficile ed estenuante (...) Un cantante la cui voce sia mediocre, la cui tecnica sia tutt'altro che impeccabile, riescirà ciononostante assai spesso a ingannare il suo pubblico con un'opera di Puccini, e ad arrivare alla fine guadagnandosi per soprammercato degli applausi. Cantanti di tal fatta ci penserebbero però due volte prima di arrischiarsi con la musica di Donizetti che mette spietatamente a nudo le vere possibilità di ognuno. (...) Le parti di Donizetti sono delle parti schiettamente liriche, piegate all'imperio della melodia, alle "arie", alle "cavatine", alle "cabalette", ai lenti "legati". Esigono sicurezza di respiro e sicurezza di tono; esigono facilità ed equilibrio d'emissione: le prime e fondamentali esigenze, si ricordi, delle esercitazioni vocali. Il fatto rimane che molti cantanti, oggigiorno, si avventurano nella loro carriera quando sono ancora lontani, molto lontani dall'aver assoluta padronanza di questi requisiti basilari.>>


Beniamino Gigli - "MEMORIE" - Arnoldo Mondadori Editore, 1957


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Beniamino Gigli sul futuro del belcanto e non sforzare mai la voce

Beniamino Gigli: <<NON SFORZARE MAI LA VOCE, NON TENTARE MAI PARTI CHE MI SEMBRAVANO AL DI LA' DELLE MIE POSSIBILITA' E' SEMPRE STATO UNO DEI MIEI PRINCIPI CARDINALI>>

Ora che mi sono ritirato dalle scene, mi viene spesso chiesto che ne pensi del futuro del "bel canto". Ho una risposta appena: dipende dalla volontà di lavorare sodo. (...) Il maestro Rosati dimostrò di essere un insegnante ideale. Poteva essere severo ed esigente, e costringeva i suoi studenti a lavorare molto duro; (...) tuttavia, come Agnese Bonucci nei tempi ormai lontani, comprendeva la mia voce nel modo più completo e mi portava innanzi senza alcuna sensazione di fatica o di sforzo. Rimase la mia guida ed il mio mentore per i tre anni che fui a Santa Cecilia, e mi preparò per il mio debutto. (...)
Non sforzare mai la voce, non tentare mai parti che mi sembravano al di là delle mie possibilità è sempre stato uno dei miei princípi cardinali. (...) Debbo, credo, alla cura con la quale ho sempre scelto il mio repertorio (per esempio, ho invariabilmente rifiutato di cantare l'Otello), se sono stato in grado di cantare in pubblico per quarantun anni: una carriera di una durata senza precedenti per un tenore. Una volta, quando ero già sulla cinquantina, mi venne chiesto da un altro tenore, molto più giovane di me, di spiegargli come mai la mia voce fosse ancora fresca, mentre la sua cominciava già ad indurire. <<Credo>> gli risposi <<di essere sempre stato molto prudente nell'amministrare le mie risorse vocali, forse perché vengo da una famiglia di contadini; lei invece è stato uno spendaccione, ed ha scialacquato il suo capitale canoro.>>


Beniamino Gigli - "MEMORIE" - Arnoldo Mondadori Editore, 1957


[nella foto: Gigli come Rodolfo in "La Bohème" di G. Puccini]


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CARLO BERGONZI SULL'APPOGGIO DEL FIATO, LA VOCE COPERTA ED IL FRASEGGIO NEL BEL CANTO VERDIANO

Carlo Bergonzi sull'appoggio del fiato, la copertura del suono e il fraseggio nel belcanto verdiano

<<Oggi abbiamo le stesse voci di cento anni fa, non è cambiato niente. Ma i maestri e direttori dicono che questo modo di cantare è antico. La tecnica invece è una sola perché le note sono sempre le stesse. Oggi si sentono voci forzate, non naturali: di forza si fa tutto, ma solo appoggiando il fiato otteniamo il fraseggio e l’espressione vocale.
Nel brano successivo “E’ scherzo od’è follia” siamo su una linea di canto più leggera, ma anche qui non bisogna cambiare il timbro, perché per farlo bisogna forzare.
Il cantante verdiano deve avere colore giusto. Le voci chiare possono anche eseguire un’opera verdiana, ma non è più Verdi. Rigoletto e Traviata non sono per un tenore leggero ma per un lirico puro. Solo in Falstaff siamo nell’ambito del tenore leggero, ma anche qui la voce deve essere sempre coperta e tirata sulla maschera ricorrendo al fiato, altrimenti il suono non gira. (...)
Oggi è difficile sentire il bel canto verdiano, io sento belle voci ma tutte uguali, non c’è l’arco, non c’è l’espressione, non c’è il fraseggio, non c’è l’appoggio della nota. Ogni autore ha un’interpretazione, una posizione ed un fraseggio, ma il fraseggio più difficile è quello verdiano. (...) Tornando a parlare di tecnica nella frase “Celeste Aida, forma divina” bisogna avere il fiato a posto. Bisogna coprire il suono perché sui finali non scappi e non si rompa la nota. Quest’aria, insieme a “O tu che in seno agli angeli” da La forza del destino, è una delle più difficili per il tenore, questa in particolare, secondo me, è la più difficile in assoluto.
In “Sacerdote, io resto a te” la difficoltà è che siamo alla fine del terzo atto e hai dovuto cantare “Io son disonorato” che è tutta sulle note difficili del passaggio. E’ facile che la voce vada indietro, bisogna tenere il fiato naturale e farla passare sul fiato.>>


(da un incontro con Carlo Bergonzi - Parma, Casa della Musica, 11 ottobre 2008)


--> https://lirica-parma.blogautore.repubblica.it/2009/08/28/cantare-verdi-un-incontro-con-carlo-bergonzi/


Nella foto: Carlo Bergonzi come Don Alvaro ne "La forza del destino" - La Scala, 1965-'66

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Carlo Bergonzi parla del passaggio di registro e del fiato per il tenore verdiano

L'INTERPRETAZIONE DEL TENORE VERDIANO!

<<Particolarmente per quanto riguarda il tenore Verdi sfrutta, più di altri compositori, la zona del passaggio, cioè quella posizione, intorno al Sol bemolle, in cui si salta dal registro centrale al registro acuto. E’ una zona molto pericolosa e delicata ma anche molto espressiva e penetrante, a saperla usare.
Poi c’è il problema della respirazione. Saper respirare bene, in Verdi, significa anche saper dominare quel ritmo nervoso formato da frasi brevi, lunghe, spezzettate, che sono molto interessanti e realistiche ma mettono a dura prova la capacità dei cantanti che non lo sanno fare. E infine ci sono, ovviamente, problemi di interpretazione. I personaggi di Verdi hanno sempre un’espressione nobile, fiera, e dignitosa qualunque cosa gli stia accadendo. Quando si arrabbiano, quando sono disperati, quando piangono. Il loro accento è sempre ampio, eloquente, ma, soprattutto devono sempre e solo cantare e per fare questo ci vuole la tecnica, senza la quale ogni buona intenzione è destinata a rimanere tale.>> (...)

Sul grande schermo alle sua spalle prendono vita le immagini di Un ballo in maschera, registrato dal vivo a Tokyo nel 1967. Il primo brano esaminato è l’aria di esordio di Riccardo “ La rivedrà nell’estasi”.

<<Nella cadenza – sottolinea Bergonzi – il Fa è dello stesso colore del Re. E’ in questo punto che non si deve sentire il passaggio. Se non ci sono respirazione e passaggio la cadenza va fatta di forza. La tecnica verdiana si basa su questo studio. Infatti la difficoltà del tenore verdiano non è la potenza, equivoco in cui si cade spesso quando si va a sentire Verdi, la voce è importante, ma la difficoltà è non cambiare il colore. Per fare questo ci vogliono il fiato ed il diaframma. Vale per tutte le corde: se si prende fiato con le spalle si sente un brutto suono perché non si può appoggiare, ma se si respira bene la voce è già a posto, non c’è bisogno di pensarci.
Ecco perché – prosegue Bergonzi – il canto, quando la voce è a posto, è un divertimento. Non è una fatica! E’ una fatica quando si canta indietro.>>

(da un incontro con Carlo Bergonzi - Parma, Casa della Musica, 11 ottobre 2008)
--> https://lirica-parma.blogautore.repubblica.it/2009/08/28/cantare-verdi-un-incontro-con-carlo-bergonzi/)


Nella foto: Carlo Bergonzi come Riccardo in "Un ballo in maschera" di Verdi alla Scala, 1968


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Carlo Bergonzi sull'importanza della padronanza del fiato

CARLO BERGONZI SULL'IMPORTANZA DELLA PADRONANZA DEL FIATO, FONDAMENTO BASE DELLA TECNICA VOCALE!

...e il pensiero del grande tenore parmigiano Carlo Bergonzi torna insistente sulle circostanze che fecero diventare quel ragazzo semplice un Grande della lirica: i tre mesi alla fine del 1950 in cui si trasformò da baritono lirico con scritture saltuarie in tenore di successo con il futuro assicurato:
«Mi sembra una specie di miracolo e anche se l’ho fatto io, a volte non ci credo. Avevo una certa esperienza del palcoscenico, ma è tutt’altra cosa fare Andrea Chénier – il ruolo del mio debutto tenorile al Petruzzelli di Bari nel gennaio del 1951 – rispetto a un Marcello o persino un Germont (una parte che ho cantato a Catania con la Tebaldi). Quelle esperienze baritonali mi sono servite però perché ho potuto cantare a fianco di grandi tenori come Gigli, Schipa e Pertile. Ai quali chiedevo consigli tecnici negli intervalli: “Commendatore, come respira Lei per fare quegli attacchi sul passaggio?”. E Gigli rispondeva: “Caro, mettiti la mano qua sopra il diaframma mentre respiro”. E per darmi un esempio attaccava la prima frase di “Mi par d’udir ancor”. Ci sono tanti che dicono oggi: “Sì, ma è una tecnica vecchia!”. Sbagliano: la tecnica è una ed è basata sulla padronanza del fiato; è l’interpretazione semmai a mutare con gli anni».


( da un'intervista a Carlo Bergonzi, pubblicata sulla rivista "MUSICA" nel febbraio 2009 )


Nella foto: Carlo Bergonzi come Rodolfo ne "La bohème" di Puccini al Metropolitan, 1958


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Geraldine Farrar, prima interprete di Suor Angelica, sul 'non forzare oltre i limiti la propria voce'

GERALDINE FARRAR - Non forzare oltre i limiti la propria voce!!!

<<The singer must be willing to admit limitations of voice and style and not attempt parts which do not come within the compass of her attainments. Neither is it wise to force the voice up or down when it seems a great effort to do so. We can all think of singers whose natural quality is mezzo—let us say—who try to force the voice up into a higher register. There is one artist of great dramatic gifts, who not content with the rich quality of her natural organ, tried to add several high notes to the upper portion. The result was disastrous. Again, some of our young singers who possess beautiful, sweet voices, should not force them to the utmost limit of power, simply to fill, or try to fill a great space. The life of the voice will be impaired by such injurious practice.>>

Il cantante deve essere disposto ad ammettere delle limitazioni di voce e di stile e a non tentare parti che non rientrino nell'ambito delle proprie capacità. Né è saggio forzare la voce verso l'alto o verso il basso quando far ciò risulta un grande sforzo. Possiamo tutti pensare a cantanti la cui qualità naturale è media—diciamo—i quali cercano di forzare la voce in su in un registro più alto. Esiste un'artista con grandi doni drammatici, che non contenta con la qualità ricca del suo organo naturale, ha cercato di aggiungere diverse note alte alla parte superiore. Il risultato è stato disastroso. Per di più, alcuni dei nostri giovani cantanti che possiedono voci belle e dolci, non dovrebbero forzarle al limite massimo di potenza, semplicemente per riempire, o cercare di riempire un grande spazio. La vita della voce sarà compromessa da tale pratica dannosa.


"VOCAL MASTERY" - Talks with Master Singers and Teachers by Harriette Brower
New York, Frederick A. Stokes Company Publishers, 1920

[trad. it. di Mattia Peli]


Nella foto: Geraldine Farrar, prima interprete assoluta di Suor Angelica di Puccini al Metropolitan di New York nel 1918


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Lilli Lehmann - analisi delle risonanze vocali: raccomandazione a ricercare gli armonici nel proprio corpo, senza spingere il fiato ingrossando i suoni

Lilli Lehmann e il suono vocale trovato all'interno delle "risonanze" del corpo!!!

<<Wenn sich Schüler — ja auch Berufssänger doch nur Eines bewußt würden, daß der gesungene Ton in der Resonanz des eigenen Körpers, also im Brustkasten und Kopf, zu suchen ist und nicht im Außenraum, wohin die Sänger allein bestrebt sind, den Atem auszustoßen, um starke Stimmen und große Töne zu produzieren.
Unserer Körper ist gleichzeitig Instrument und Resonanzkasten, auf dem zu spielen wir zu lernen haben. Unsere Muskeln sind die Saiten, die wir spannen und zueinander abstimmen lernen müssen und unsere Seele ist die Führerin unserer Kunst. Wie die Pfeifen der Orgel durch ihre Formen und Luftdruckpressen dem Instrument die Möglichkeit unendlicher Tonstufen, Lagen und Ausdrucksweisen geben, so haben auch wir für alle Töne und Lagen lebendige Formen mit unseren Stimm- und Resonanzorganen zu schaffen.>>

<<Se solo gli studenti — ma anche i cantanti professionisti, fossero coscienti del fatto che il suono cantato è da ricercare nella risonanza del proprio corpo, dunque nella cassa toracica e nella testa, e non nello spazio esterno, dove i cantanti unicamente si sforzano, spingendo fuori il fiato, di produrre voci forti e suoni grossi.
Il nostro corpo, col quale dobbiamo imparare a suonare, è al tempo stesso strumento e cassa di risonanza. I nostri muscoli sono le corde che dobbiamo imparare a tendere e ad accordare tra loro e la nostra anima è la guida della nostra arte. Come le canne dell'organo, attraverso la loro forma e i mantici regolanti la pressione dell'aria, danno allo strumento la possibilità di produrre infiniti intervalli, registri e modi di espressione, così anche noi dobbiamo creare, attraverso i nostri organi fonatori e di risonanza, delle forme vive per tutti i suoni e i registri.>>

(dalla Premessa di Lilli Lehmann all'edizione del suo "Meine Gesangskunst" del 1922)

[trad. it. di Mattia Peli]
 

N.B. Lilli Lehmann, cantante mozartiana e belliniana, operista e liederista, fu chiamata da Wagner come prima interprete nella prima esecuzione assoluta del "Ring" del 1876 a Bayreuth, e cantò come solista nel Requiem verdiano al Festival di Colonia del 1877 sotto la direzione dello stesso Verdi! Fu anche l'insegnante di diverse cantanti, tra le quali Geraldine Farrar, prima interprete di Suor Angelica di Puccini!


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Cantanti lirici, rilassate la gola! Parola di Lilli Lehmann...

Lilli Lehmann: LA GOLA NON LA SENTO ASSOLUTAMENTE!!!

<< Bei mir kommt der Hals gar nicht in Betracht; ich fühle absolut nichts von ihm, höchstens den weich hindurchquellen Atem. Man forciere niemals einen Ton (...) >>

<< Per quel che mi riguarda la gola non viene affatto presa in considerazione; non la sento assolutamente, al massimo avverto il fiato scorrere morbido attraverso di essa. Non si deve mai forzare un suono (...) >>


(da: Lilli Lehmann - "Meine Gesangskunst", 1902)

[trad. it. di Mattia Peli]

Nella foto: Lilli Lehmann come Donna Anna, nel "Don Giovanni" di Mozart



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Lilli Lehmann: LA GOLA NON LA SENTO ASSOLUTAMENTE!!!<< Bei mir kommt der Hals gar nicht in Betracht; ich fühle absolut...
Posted by Motti dei Grandi sulla Tecnica Vocale on Giovedì 6 novembre 2014

Consigli tecnico-vocali del grande Hipólito Lázaro

Hipólito Lázaro: alcuni indispensabili consigli per i cantanti lirici !
 

<<Considero un grave error levantar la cabeza para cantar, detalle que he observado en muchos artistas, algunos de ellos célebres. La voz, como es lógico, cuando se levanta la cabeza no deja pasar el aliento del paladar al "arco armónico", e impide que se trasmitan las vibraciones del sonido. También los hay que tuercen la boca: es una verdadera lástima, porque de no adquirir ese defecto, tendríamos una gran cantidad de buenos cantantes, por ser nuestra tierra pródiga en voces. Estos defectos son adquiridos a consecuencia de una mala escuela de canto. He observado que la mayoría de tales cantantes han concluído su profesión gloriosa en su juventud. Yo atribuyo los defectos enumerados a un mal principio, y te encarezco, muy severamente, tengas sumo cuidado de no adquirirlos, ya que son los causantes - repito de nuevo - de la pérdida de la voz, porque se pierde la dirección de donde debe dirigirse el aliento.>>

Considero un grave errore alzare la testa per cantare, dettaglio che ho osservato in molti artisti, alcuni di loro famosi. La voce, come è logico, quando si alza la testa non fa passare il fiato dal palato all' "arco armonico", e impedisce che si trasmettano le vibrazioni del suono. Ci sono anche quelli che distorcono la bocca: è un vero peccato, perché non acquisendo questo difetto avremmo un sacco di buoni cantanti, essendo la nostra terra prodiga di voci. Questi difetti si acquisiscono in conseguenza di una cattiva scuola di canto. Ho notato che la maggioranza di questi cantanti ha concluso la gloriosa professione in gioventù. Io attribuisco i difetti elencati a un cattivo principio, e ti esorto, molto severamente, ad aver cura di non acquisirli, che sono le cause - lo ripeto di nuovo - della perdita della voce, perché si perde la direzione di dove deve dirigersi il fiato.


(da: Hipólito Lázaro - "Mi método de canto", 1947)

[trad. it. a cura di Mattia Peli]


[ Nella foto: Il celebre tenore Hipólito Lázaro nel ruolo di Cavaradossi, nella "Tosca" di Puccini ]
 

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Il grande Tenore Ugo Benelli spiega l'importanza delle consonanti nel Canto Lirico


Ugo Benelli sulla dizione delle consonanti e sulle vocali negli acuti
 
<<Per anni s'è detto che il belcanto si fa cantando con le vocali. Non è vero: si canta anche con le consonanti. Come potrebbe Belcore rendere la frase: "ti avrei strozzato, ridotto in brani", senza accentuare le consonanti? Tutto è importante, tutto si deve "cantare". (...)
Talvolta essere fedeli alle vocali scritte non è facile, soprattutto sugli acuti... Ovviamente i grandi compositori sapevano quale vocale mettere... sul si naturale della "Donna è mobile" c'è la "e" di pensier, perché è una vocale che esce sempre, così come su "un trono vicino al sol", c'è la "o", che corre con facilità. È difficile trovare un acuto sulla "a", e quando capita, di solito il suono della voce si avvicina più ad una "o".
Riguardo alla "i", c'è chi l'ha molto facile, ma sugli acuti è decisamente ostica, perché può farti spezzare il suono in gola.>>

(Ugo Benelli, da: Giorgio De Martino - "Cantanti, vil razza dannata" - La vita e gli incontri di Ugo Benelli - Zecchini, 2002)

Voce in maschera, voce in punta, parola di Galli-Curci!

"IL PUNTINO" di Amelita Galli-Curci !!!


<<Madame Galli-Curci very appropriately calls it "il puntino" - the little point- and claims that it is the control of her voice placement. When she feels the vibrations of her voice in that "puntino", she knows that the production is right.>>

<<La Sig.ra Galli-Curci molto appropriatamente lo chiama "il puntino" - il piccolo punto - ed afferma che esso costituisce la verifica del piazzamento della propria voce. Quando ella sente le vibrazioni della sua voce in quel "puntino", sa che la produzione del suono è corretta.>>


(dal cap. XXII del libro di P.M.Marafioti, "Caruso's Method of Voice Production", 1922)

[trad. it. di Mattia Peli]


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"Il puntino" secondo Amelita Galli-Curci

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Frieda Hempel sulla scala e il bel "legato" come base del Belcanto


Frieda Hempel sulla scala e il bel "legato" come base del Bel Canto

<<...when I studied with Mme. Niklass-Kempner in Berlin – she was a wonderful exponent of the old Italian "bel canto" principles – I concentrated and worked – worked hard. (...) I think the girl student should have a woman teacher to place her voice – a teacher whose own singing voice is not worn out, and who can show her how to produce and build up tone by imitation, which is the most direct and natural way to learn how to sing in the earlier study period. First of all the tone has to be built up; then it can be developed technically.
The singer's everyday companion, whether she be an opera singer or a concert singer – there is no reason why, if she is intelligent and adaptable, she cannot be both – should be the scale. I keep up my scale work, my technical work every day: It is not wise for any singer to tell herself 'I know my role or my program!' The throat is a delicate organ; some little constraint in flexibility, some little muscular weakness may develop, which the bracing routine of daily exercise would have prevented; so, every morning, I run through my scales and breathing exercises. (...) If the student will sing scales softly and evenly, striving for long, sustained tones, she is using the right method to secure the beautiful "legato" which is the basis of beautiful song. Scale work gives vocal lightness and sureness, and is the true secret of gaining breath control. If a Brünnhilde can sing a beautiful coloratura scale her role will be all the better sung because of it.>>


<<...quando studiavo con la Sig.ra Niklass-Kempner a Berlino – ella era una meravigliosa esponente dei principi dell'antico "bel canto" italiano – mi concentravo e lavoravo – lavoravo intensamente. (...) Penso che la studentessa dovrebbe avere un'insegnante che le posizioni la voce – un'insegnante la cui voce canora non sia consumata, e che sia in grado di mostrarle come produrre e formare il suono per imitazione, che è il modo più diretto e naturale d'imparare a cantare nel periodo di studio iniziale. Prima di tutto il suono dev'essere formato; poi può essere tecnicamente sviluppato.
Il compendio quotidiano di una cantante, che sia una cantante d'opera o da concerto – non vi è ragione per cui, se è intelligente e adattabile, non possa essere entrambe le cose – dovrebbe essere la scala. Io continuo ad esercitarmi nello studio delle scale, nello studio tecnico, ogni giorno: Non è saggio per nessuna cantante dire a se stessa 'So il mio ruolo o il mio programma!' La gola è un organo delicato; un piccola costrizione nella flessibilità e potrebbe svilupparsi qualche piccola imperfezione muscolare che la routine tonificante dell'esercizio giornaliero avrebbe potuto evitare; perciò, ogni mattina, ripasso i miei esercizi delle scale e i miei esercizi di respirazione. (...) Se la studentessa canterà le scale con morbidezza e uniformità, impegnandosi ad ottenere lunghi suoni sostenuti, starà impiegando il metodo corretto per assicurarsi il bel "legato" che è il fondamento del bel canto. L'esercitarsi nelle scale dà agilità e sicurezza vocale, ed è il vero segreto per ottenere il controllo del fiato. Se una Brünnhilde sarà in grado di cantare una bella scala di coloratura il suo ruolo, grazie a ciò, verrà molto meglio cantato.>>

[trad. it. di Mattia Peli]

(Frieda Hempel, da: Frederick Martens - "The Art of the Prima Donna and Concert Singer", 1923)

[Nella foto: Frieda Hempel nel ruolo di Violetta, nella "Traviata" di Verdi]

L'importanza dell'esempio vocale concreto di un Maestro di canto e di ben posizionare la voce "in maschera", secondo Emma Calvé

 - Se non potessi mostrare ai miei allievi ciò che intendo, attraverso l'esempio della mia voce, non penso che mi dovrei sentire giustificata ad insegnare loro. -



<<Select a teacher who illustrates her meaning, when she is teaching you, with her own voice. (...) To me there is always something illogical in selecting some one who is vocally mute to teach the beauties of tone production. If I could not show my pupils what I mean with my own voice, I do not think I should feel justified in teaching them.
I do not believe in any one 'system' for teaching singing. Each student is different, and so each 'system' must be different also. But I have a well-defined "méthode", in the French sense of the word, of instruction, which I vary and adapt to the individual needs of individual pupils. That I use my own special exercises, scales and "vocalises" goes without saying, and I insist on my pupils working hard while they work. I try to give them style—that quality of singing which is so hard to acquire—and the perfect "legato"; and above all you will find no pupil of mine singing in a "chevrotante" voice, a 'goaty' voice, for that is something I will not permit. I insist that the pupil's voice be well placed, IN THE MASQUE. (...) The mistake that many (...) make, is that of singing too much from the throat. (...) The vocal student should remember that the voice must be placed with the lips, and not too much from the throat.>>

<<Sceglietevi una maestra che illustri i suoi intendimenti con la propria voce, quando vi sta insegnando. (...) Per me c'è sempre qualcosa d'illogico nel selezionare qualcuno vocalmente muto per insegnare le bellezze della produzione del suono. Se non potessi mostrare ai miei allievi ciò che intendo, attraverso l'esempio della mia voce, non penso che mi dovrei sentire giustificata ad insegnare loro.
Non credo in nessun 'sistema' unico per l'insegnamento del canto. Ciascuno studente è diverso, e dunque ogni 'sistema' dev'essere altresì diverso. Pur tuttavia ho un ben determinato "méthode", nel senso francese della parola, d'istruzione, che vario e adatto ai bisogni individuali degli studenti individuali. Va da sé che io impieghi i miei personali esercizi, scale e "vocalizzi" particolari, ed insisto che i miei allievi lavorino sodo mentre vi si esercitano. Cerco di dar loro lo stile—quella qualità di canto che è così difficile da acquisire—e il "legato" perfetto; e soprattutto non troverete nessun mio allievo cantare con una voce "chevrotante", una voce tremolante, poiché questo è qualcosa che non permetto. Io insisto sul fatto che la voce dell'allievo sia ben posizionata, IN MASCHERA. L'errore che molti (...) fanno, è quello di cantare troppo di gola. (...) Lo studente di canto dovrebbe ricordarsi che la voce dev'essere posizionata con le labbra, e non troppo dalla gola.>>

(Emma Calvé, da: Frederick Martens - "The Art of the Prima Donna and Concert Singer", 1923)

[trad. it. di Mattia Peli]

I consigli del soprano Anita Cerquetti - "Non forzare le note, non forzare i centri"

..."non forzare le note, non forzare i centri"...
PAROLE DEL SOPRANO DRAMMATICO D'AGILITA' ANITA CERQUETTI SULLA TECNICA VOCALE, IN PARTICOLARE RIVOLTE AI GIOVANI !!!

<<Per esercizio studiavo opere leggere, ma eseguivo opere drammatiche. Per esempio mi esercitavo facendo la romanza della "Semiramide", del "Flauto magico". Fortunatamente mi sono trovata una voce piuttosto forte e abbastanza duttile. (...) Quando dovevo fare opere più leggere, intercalavo con romanze leggere. Se venivo dalla "Gioconda" e poi dovevo fare il "Mosè", allora cercavo di alleggerire e ritrovare l’agilità. (...)
C’era un direttore che voleva ch’io cantassi "Casta diva" più forte, questo in disco, mentre io sostenevo di cantarla più piano essendo una preghiera. Ma lei ha capito di chi parlo, era un suo concittadino: Francesco Molinari Pradelli. Era un gran direttore con cui mi trovavo benissimo. Su Verdi era fantastico. Poi ricordo un altro grande direttore: Tullio Serafin che a Chicago si nascondeva dietro le quinte per sentirmi nel "Ballo in maschera" e non se ne andava. (...) Dopo seppe che avrei fatto "Gioconda" e allora mi scrisse dandomi dei consigli. Mi diceva di stare attenta, perché è un’opera che si canta a fine carriera; non è che mi dicesse di non cantarla, ma di fare attenzione e di cantarla con quella dovuta cautela: non forzare le note, non forzare i centri. (...)
Un giovane che si trova la voce deve fare le solite cose: studiare, avere tanta pazienza e la fortuna d’incontrare un maestro che lo capisca, anche per la scelta del registro, ché molti sbagliano. (...)
La voce, i suoni dipendono da tante componenti: la cavità del palato, l’apertura della bocca, la cavità nasale. Non si può dare un insegnamento unico che vale per tutti.>>

(da una Intervista ad Anita Cerquetti realizzata il 28 agosto 1975)


--> https://www.gbopera.it/2013/04/interviste-dannata-anita-cerquetti/


Nella foto: Anita Cerquetti come Norma al Teatro Massimo di Palermo nel 1958

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Tito Schipa e il segreto delle vocali e delle parole che cadono dall'alto sulle labbra

TITO SCHIPA E IL SEGRETO DELLE VOCALI E DELLE PAROLE CHE CADONO DALL'ALTO !



- "When you sing, do you use the lips?"

<<For pronunciation, yes. "Ah, eh, ih, oh, oo." But this "oo", it is necessary to press the lips, but not to press on the throat. To do this is a great secret I learned from Tito Schipa. At the beginning of my career he told me, "The vowels are little and they fall from on high over the lips, and the breath makes the vowels run into the theater. The vowel does not form itself inside the mouth or the throat. The vowel drops from above. The words drop from above onto the lips." This is a great secret.>>

- "Quando Lei canta, usa le labbra?"

<<Per la pronuncia, sì. "A, E, I, O, U." Ma questa "U", è necessario stringere le labbra, ma non premere sulla gola. Questo è un grande segreto da utilizzare che ho imparato da Tito Schipa. All'inizio della mia carriera egli mi disse, "Le vocali sono piccole e cadono dall'alto sulle labbra, e il fiato le fa correre in teatro. La vocale non si forma dentro la bocca o nella gola. La vocale piove dall'alto. Le parole piovono dall'alto sulle labbra." Questo è un grande segreto.>>

Tito Schipa insegnante di canto nella scuola di via Flaminia a Roma, primi anni '60


(da una intervista al soprano Magda Olivero condotta dal basso Jerome Hines, riportata in: J. Hines - "Great Singers on Great Singing", Doubleday, 1982)
 
[trad. it. di Mattia Peli]


Schipa canta I' te vurria vasà



Tito Schipa canata NAPULITANATA



E qui una Lucia meravigliosa, che fraseggio!


A lezione di canto dal tenore Giacomo Lauri-Volpi

A 'singing lesson' with Giacomo Lauri-Volpi



Nellie Melba e l'esercizio delle 5 vocali su una medesima nota e con un unico fiato

Nellie Melba spiega l'esercizio delle cinque vocali su una medesima nota e con un unico fiato !!!

<<Sing the five simple vowels, oo, oh, ah, ay, ee, (Italian vowels u, o, a, e, i,) on one note and in one breath. Begin on the G above middle C and repeat the exercise on each note up to C on the third space. Allow the mouth to move easily in order to form the different vowels, but make no break between the different sounds. Keep them all of the same quality, with the same amount of resonance. At first you will probably find it difficult to keep the ah of the same quality as oh, and the ay and ee will probably be even more different.
Do not stiffen the throat and endeavour to make them all the same. There must be ease and clean and natural shaping of each vowel.
You will only learn to sing this exercise correctly if you use your ears and keep the soft palate in the same high position for all the five vowels, that it quite naturally takes for oo.
When you can hear your voice in this exercise you will find it much easier to hear your voice when you sing songs, and you will more readily detect the changes of quality which so often spoil a phrase.>>

 

<<Si cantino le cinque vocali semplici (le vocali italiane "u, o, a, e, i") su una medesima nota e con un unico fiato. Si cominci sul SOL sopra al DO centrale e si ripeta l'esercizio su ogni nota, salendo fino al DO sul terzo spazio. Si lasci muovere comodamente la bocca per formare le diverse vocali, ma senza creare cambiamenti improvvisi che spezzino i diversi suoni vocalici. Si mantengano le vocali tutte della stessa qualità, con la stessa quantità di risonanza. In un primo momento, con buona probabilità, risulterà difficile mantenere la "a" della stessa qualità della "o", e la "e" e la "i" verranno probabilmente ancor più dissimili.
Non si irrigidisca la gola e si cerchi di renderle tutte uguali. Dev'esserci facilità e una formazione pura e naturale di ciascuna vocale.
Si imparerà a cantare correttamente questo esercizio solo se si utilizzerà l'orecchio e si manterrà il palato molle nella stessa posizione alta per tutte e cinque le vocali, posizione che esso assume molto naturalmente con la "u".
Quando si riuscirà a percepire uditivamente la propria voce in questo esercizio, risulterà molto più facile sentirla mentre si cantano le arie, e si rileveranno più sollecitamente i cambiamenti di qualità che così spesso rovinano una frase.>>


(tratto da: "Melba Method" by Dame Nellie Melba - Chappell & Co., 1926)

[trad. it. di Mattia Peli]

Carlo Bergonzi spiega il suo metodo vocale

Carlo Bergonzi - Tecnica vocale - How to sing
Carlo Bergonzi explains his vocal method con Lorenzo Arruga. Carlo Bergonzi parla di tecnica vocale con Lorenzo Arruga.



Il vocalizzo del grande baritono Battistini sulla frase dell'Ernani "Da quel dì che t'ho veduta"

<<"DA QUEL DI' CHE T'HO VEDUTA BELLA COME UN PRIMO AMORE". RICORDATI, VALDENGO, CHE QUESTA FRASE E' COME UNO STUDIO DI BELCANTO>>

"Sai, ieri pensavo a te, e voglio suggerirti una cosa che faceva Battistini per tenere sempre la voce fluida e il fiato in esercizio: Battistini cantava ogni giorno, ripetendola, la frase dell'Ernani: "Da quel dì che t'ho veduta bella come un primo amore". Ricordati, Valdengo, che questa frase è come uno studio di belcanto, forse meglio, e farà si che, quando riuscirai a cantarla con facilità, la tua voce sarà così malleabile che qualunque frase del repertorio di baritono ti sembrerà un nulla". Pregai il Maestro di spiegarmi come ciò potesse avvenire: "Vedi", mi disse "questa frase è quasi tutta scritta sul passaggio della voce di baritono, e per farla perfetta bisogna che non si senta disuguaglianza di colore tra registro medio e registro acuto. Battistini, che non aveva voce molto scura, anzi tendeva al tenore drammatico, eseguiva questa frase sempre a vocalizzo, mettendo, al posto delle parole, solo vocali".

Conversazione tra Arturo Toscanini e Giuseppe Valdengo - Giuseppe Valdengo "Scusi, conosce Toscanini?" Musumeci Editore 1984, p. 48 - www.belcantoitaliano.com




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L'utilità di un buon fiato nella linea Belcantistica


"SOLTANTO IL FIATO DEVE ESSERE SEMPRE IN COLONNA COL SUONO, NATURALMENTE PERCHE', SE MANCA IL FIATO, ADDIO LINEA DI BEL CANTO!" (Conversazione tra Arturo Toscanini e Giuseppe Valdengo)

<<Circa il personaggio di Falstaff, il maestro me lo illustrò fin nei più piccoli particolari ed esigeva una interpretazione permeata di realismo e di verismo quanto maggiore possibile, ma che non pregiudicasse né l'ideale drammatico né l'ideale comico. Mi diceva. "Falstaff non è buffone come lo pensano e lo interpretano molti artisti; sono le situazioni in cui si mette che lo rendono buffo. Lui è convinto di piacere a tutte le donne, altrimenti non cadrebbe in una seconda burla, quella del bosco e delle fate. E' chiaro?". "Sì, maestro", rispondevo e lui si infervorava sempre più nel segnalarmi le caratteristiche di quel singolare personaggio. "Il suo canto", proseguiva Toscanini "deve essere rilassato, non mai isterico, anche quando la collera lo assale. Le persone grasse sono in genere sempre flemmatiche, bonarie, non si lasciano mai andare a gesti violenti. Anche quando Falstaff ordina ai servi di lasciarlo solo con la Quickly, lo fa, ma senza urlare e senza degnarli di uno sguardo. I servi oggi ci sono e domani non ci sono: bisogna quindi far sentire il distacco. Ricordati poi, che, cantando la parte di Falstaff, dovrai sempre in certo qual modo farti tirare dall'orchestra, e quell'attimo di ritardo, darà più netto, a chi ascolta, il senso della pesantezza del personaggio... "Soltanto il fiato deve essere sempre in colonna col suono, naturalmente perché, se manca il fiato, addio linea di bel canto!">>

Conversazione tra Arturo Toscanini e Giuseppe Valdengo - Giuseppe Valdengo "Scusi, conosce Toscanini?" Musumeci Editore 1984, p. 77 - www.belcantoitaliano.com

Consigli tecnico-vocali dati da Toscanini al baritono Giuseppe Valdengo

"Era un uomo impastato di musica. Aveva quasi una magia. Quando m’imponeva di fare un “forte – piano” io lo facevo, cosa che con gli altri non l’avrei fatto. Aveva una forza unica di penetrazione nell’insegnamento, perché prima di tutto ti insegnava la pronuncia, ti insegnava il canto.
Se gli dicevo che non mi veniva bene una nota si faceva dire le parole che c’erano e lui ti diceva di chiudere di più quella A o quella O e la nota ti veniva: comprende? Un insieme meraviglioso".

Intervista al Baritono Giuseppe Valdengo su Toscanini
realizzata a Parma il 9/4/1977



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Il sistema di studio del contralto Marguerite D'Alvarez - 'Massaggiare la voce' con il vocalizzo A-O-U su una nota

Ecco un utile e fondamentale suggerimento, di natura tecnico-vocale, lasciatoci dal contralto Marguerite D'Alvarez:

MASSAGE THE VOICE <<“Oh, yes, technic is most important; one can do nothing without it. When I begin to study in the morning, I give the voice what I call a massage. One’s voice cannot be driven, it must be coaxed, enticed. This massage consists of humming exercises, with closed lips. Humming is the sunshine of the voice.” The singer illustrated the idea with a short musical figure, consisting of three consecutive tones of the diatonic scale, ascending and descending several times; on each repetition the phrase began on the next higher note of the scale. “You see,” she continued, “this little exercise brings the tone fully forward. As you feel the vibration, it should be directly between the eyes.” “Now, after you have coaxed the voice forward in this way, and then opened your lips to sing a full tone, this tone should, indeed must, be right in the same place where the humming tones were,—it cannot be anywhere else.” Madame illustrated again, first humming on one tone, then letting it out with full resonance, using the vowel Ah, which melted into O, and later changed into U, as the tone died away. “This vibration in the voice should not be confounded with a tremolo, which is, of course, very undesirable. A voice without vibrato, would be cold and dead, expressionless. There must be this pulsing quality in the tone, which carries waves of feeling on it.” “Thus the singer entices the voice to come forward and out, never treating it roughly or harshly, never forcing or straining it. Take pleasure in every tone you make; with patience and pleasure much is accomplished. I could not give you a more useful tip than this.”>>



MASSAGGIARE LA VOCE <<“Oh, sì, la tecnica è estremamente importante; non si può far nulla senza di essa. Quando inizio a studiare di mattina, do alla voce quel che chiamo un massaggio. La propria voce non può essere comandata, dev'essere persuasa, allettata. Questo massaggio consiste in esercizi a bocca chiusa, con le labbra chiuse. I vocalizzi "muti" sono la luce del sole della voce.” La cantante illustrò l'idea con una breve figura musicale, consistente in tre suoni consecutivi della scala diatonica, salendo e discendendo più volte; ad ogni ripetizione la frase iniziava sulla successiva nota superiore della scala. “Vede,” continuò, “questo breve esercizio porta il suono pienamente in avanti. Come si sente la vibrazione, questa dovrebbe essere direttamente tra gli occhi.” “Ora, dopo aver persuaso la voce in avanti in questo modo, e poi aver aperto le labbra per cantare un suono a piena voce, questo dovrebbe, anzi deve, essere proprio nello stesso punto in cui erano i suoni a bocca chiusa, — non può essere da nessun'altra parte.” La Signora illustrò nuovamente, prima cantando a bocca chiusa un suono, poi facendolo uscire con piena risonanza, usando la vocale "A", che si fondeva nella "O", e dopo cambiava in "U", come la nota si spegneva. “Questa vibrazione nella voce non dovrebbe essere confusa con un tremolo, che è, ovviamente, assai indesiderabile. Una voce senza vibrato, sarebbe fredda e morta, inespressiva. Ci deve essere nel suono questa qualità pulsante, che porta con sé onde di sentimento.” “In questo modo il cantante convince la voce ad uscire in avanti e in fuori, non trattandola mai rudemente o aspramente, mai forzandola o sforzandola. Si prenda piacere in ciascun suono che si fa; con pazienza e piacere molto viene raggiunto. Non potrei darvi un suggerimento più utile di questo.”>>

"VOCAL MASTERY" - Talks with Master Singers and Teachers by Harriette Brower New York, Frederick A. Stokes Company Publishers, 1920
 
[trad. it. di Mattia Peli]

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L'allenamento tecnico vocale basato sulla 'mezza voce', secondo il soprano Rosa Raisa

Allenamento vocale basato sulla 'mezza voce', secondo Rosa Raisa


Ecco cosa dice il SOPRANO DRAMMATICO Rosa Raisa:

VOCAL TRAINING
<< Even during the busiest days technic practice is never neglected.
Vocalizes, scales, terzetta—what you call them—broken thirds, yes, and long, slow tones in messa di voce, that is, beginning softly,
swelling to loud then gradually diminishing to soft, are part of the daily régime. One cannot omit these things if one would always keep in condition and readiness.
When at work in daily study, I sing softly, or with medium tone quality; I do not use full voice except occasionally, when I am going through a part and wish to try out certain effects. >> (Rosa Raisa)


ALLENAMENTO VOCALE
<< Anche nei giorni più densi d'impegni l'esercizio tecnico non viene mai trascurato. Vocalizzi, scale, terzine—come si chiamano—le terze spezzate, sì, e i suoni lunghi e lenti con la messa di voce, cioè, iniziando piano, aumentando d'intensità al forte e poi gradualmente diminuendo al piano, sono parte del programma d'esercizio giornaliero. Non si possono omettere queste cose se si vogliono mantener sempre vive la condizione e la prontezza.
Nel momento in cui mi esercito nello studio giornaliero, io canto piano, o con una qualità sonora media; non impiego la piena voce salvo che sporadicamente, quando sperimento un ruolo e desidero provare certi effetti. >> (Rosa Raisa)

"VOCAL MASTERY" - Talks with Master Singers and Teachers by Harriette Brower New York, Frederick A. Stokes Company Publishers, 1920

[trad. it. di Mattia Peli]

La "A lirica" e l'uso delle "vocali miste" secondo il soprano Amelita Galli-Curci

<< I giovani cantanti mi domandano quali vocali usare nell'esercitare la voce. Nel mio studio personale io le uso tutte. Naturalmente alcune sono più pregevoli di altre. La "O" è buona, la "E" necessita di grande cura; la "A" è la più difficile di tutte. Sono consapevole del fatto che questo sia contrario all'idea generale. Ma io sostengo che la "A" è più difficile; perché se la esageri e le labbra sono troppo divaricate, il risultato è un suono incolore. E d'altro lato, se le labbra sono ravvicinate—o troppo ravvicinate, o non sono gestite correttamente, tende a risultarne rigidità o una qualità gutturale; in tal caso il suono vocale non può 'galleggiare'. Io ho constatato che la miglior via è quella di usare le vocali miste, una vocale che si fonde nell'altra. Il suono può essere iniziato con ciascuna vocale alternativamente, e poi mescolata con il resto delle vocali. >>



<< Young singers ask me what vowels to use in vocal practice. In my own study I use them all. Of course some are more valuable than others. The O is good, the E needs great care; the Ah is the most difficult of all. I am aware this is contrary to the general idea. But I maintain that the Ah is most difficult; for if you overdo it and the lips are too wide apart, the result is a white tone. And on the other hand, if the lips are nearer—or too near together, or are not managed rightly, stiffness or a throaty quality is apt to result; then the tone cannot 'float.' I have found the best way is to use the mixed vowels, one melting into the other. The tone can be started with each vowel in turn, and then mingled with the rest of the vowels. >>

"VOCAL MASTERY" - Talks with Master Singers and Teachers by Harriette Brower New York, Frederick A. Stokes Company Publishers, 1920
 
[trad. it. di Mattia Peli]

Nella foto Amelita Galli - Curci con Tito Schipa - www.belcantoitaliano.com

La maturazione vocale secondo Aldo Protti

Il grande Baritono Aldo Protti parla dei giovani Cantanti che hanno il suo stesso registro vocale... ATTENZIONE cari Baritoni in erba, attenzione a non "ingrossare"...

<<Il problema è che adesso iniziano troppo presto: ho sentito un baritono che ha 23 anni. Io ho cominciato a 28. Poi si sente dire "ho sentito un baritono però l'è legèr" per forza, ci vuole del tempo perché deve crescere fisiologicamente tutto il corpo. Non puoi mica mettergli in gola un "Rigoletto" o un "Trovatore", e altre opere non ne fanno perché non le mettono in cartellone. Ci sono poi quelli che dicono "Quello lì non ha mica la voce da 'Rigoletto'": no, l'è giovin e basta. Fanno i concorsi a vent'anni, ventidue: potrai trovare un tenore, un basso ma un baritono no, il baritono è la voce normale che a quell'età non può ancora avere. Parlare di baritoni non posso perché non ne conosco>>

Il tenore Rockwell Blake svela l'importanza primaria della tecnica rispetto alla ricerca del colore e del volume

Il tenore Rockwell Blake sull'importanza primaria della tecnica :

"Vi sono energie limitate in gola, e possono essere dedicate ad un numero limitato di cose. Una di queste è la tecnica - la capacità di muovere la voce e renderla flessibile, per farle fare qualsiasi cosa tu voglia. Le altre sono il colore e il volume. Secondo me è essenziale lavorare sulla tecnica prima di tutto. La tecnica ti permette di tirare fuori le note, di fare quello che richiede il compositore e interpretare la musica usando la tua personalità. Considero queste cose di primaria importanza nel mio lavoro.

Poi viene il volume. Non puoi andare in enormi spazi teatrali come il Metropolitan, con un'orchestra che usa corde metalliche, e non preoccuparti del volume. Resta il colore. Ciascuno ha un colore naturale di voce. Se lo cambi chiedi alla tua voce qualcosa di innaturale, e sprechi energia.
Ora, per produrre un suono inscurito devi spingere in giù la laringe. E dal momento che un suono scuro non corre come un suono chiaro, più si cerca d'inscurire il suono e più pressione si deve mettere sulle corde vocali per poter produrre il volume richiesto. E questo limiterà la tua tecnica.
Io ho speso quasi tutto il mio tempo a lavorare su tecnica e volume, ignorando il colore. Per me, la cosa più importante è poter produrre quanto più volume possibile nei punti in forte, senza limitare la mia abilità di eseguire la musica. Voglio poter fare tutte le scale e intervalli e agilità, mantenendo la flessibilità, ma essendo anche in grado di bucare l’orchestra".

(da un'intervista al tenore Rockwell Blake, all'interno dell'articolo "MUSIC; A Headstrong Tenor Discusses Music and Critics", di Allan Kozinn, apparso su "The New York Times" il 6 agosto 1989)

[trad. it. di Mattia Peli]
 





Il soprano Claudia Muzio insegna che occorre preservare la voce

Il soprano Claudia Muzio insegna che occorre preservare la voce, evitando di esercitarsi continuamente sulle note acute e su quelle basse


<< My compass is three octaves–from C below middle C, to two octaves above that point. I also have C sharp, but I do not practice it, for I know I can reach it if I need it, and I save my voice. Neither do I work on the final tones of the lowest octave, for the same reason–to preserve the voice. >>

<< La mia estensione è di tre ottave–dal DO sotto al DO centrale, fino a due ottave più in alto di quel punto. Io posseggo anche il DO diesis, ma non mi ci alleno, poiché so che posso raggiungerlo se ne ho necessità, e salvo la mia voce. Né mi metto ad esercitarmi sugli ultimi suoni dell'ottava più bassa, per la medesima ragione–per preservare la voce. >>

- CLAUDIA MUZIO

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"VOCAL MASTERY" - Talks with Master Singers and Teachers by Harriette Brower New York, Frederick A. Stokes Company Publishers, 1920
 
[trad. it. di Mattia Peli]

Emmy Destinn - "Quando canto mi sento come se non avessi la gola"

Emmy Destinn - "Quando canto mi sento come se non avessi la gola"


"When I sing I feel as if I have no throat" ("Quando canto mi sento come se non avessi la gola") - Emmy Destinn, prima interprete de "La fanciulla del West" di Puccini con Caruso